Il documento scaturisce da studi, letture di report, analisi e riflessioni sviluppate negli ultimi due anni, i quali si sono contraddistinti per l’impatto pervasivo che la pandemia ha prodotto in ogni ambito psicologico e sociale. Lo shock pandemico ha ulteriormente accelerato molti processi di cambiamento, come quello della digitalizzazione, un fenomeno in crescita da tempo in diversi contesti (scuole e università, aziende pubbliche e private). Probabilmente, in condizioni “normali”, una implementazione del processo di digitalizzazione di così ampia portata avrebbe necessitato di più tempo per ricevere un’adeguata pianificazione e accoglienza in ambito sociale e lavorativo.
Una delle innovazioni organizzative massicciamente introdotte e che ha suscitato maggiore effetto nell’immaginario collettivo è stata la diffusione dello “smart working” o lavoro agile. Com’è noto, si tratta di una modalità lavorativa improntata ad una spiccata flessibilità (in termini di distanza spaziale e temporale) della quale si ritrovano le prime significative sperimentazioni già nel 2014. Nonostante l’attenuarsi della pandemia, il lavoro da remoto registra una tendenza in crescita poiché esso presenta notevoli vantaggi sotto il profilo della sostenibilità economica e ambientale, oltre ad offrire varie soluzioni idonee a conciliare vita privata e lavoro. Non tutto però risulta così gravido di prospettive positive, ci sono aspetti su cui da parte nostra vale la pena di riflettere.
Alla luce dello scenario digitalizzato che si sta progressivamente delineando, è lecito interrogarsi in merito alle modalità con cui si sta trasformando la relazione tra lavoratore e la mansione; come stanno cambiando le dinamiche interpersonali nel mondo del lavoro; quali ulteriori elementi emergenti, oltre a quelli tradizionali, condizionano la percezione e l’attribuzione di senso al proprio lavoro e come psicologicamente tutto ciò incide sulla performance lavorativa.
In particolare, in questa sede interessa analizzare l’impatto che trasformazioni in atto stanno avendo dal punto di vista dei rischi psico-sociali. L’intenzione, in qualità psicologi del lavoro e di agenti del cambiamento, è proporre delle riflessioni scientifiche, basate sull’esperienza sul campo e sull’analisi della letteratura; si offre inoltre al lettore un ampio e dettagliato quadro di riferimento, riguardo gli aspetti di natura normativa che interessano direttamente la figura dello psicologo che opera nei contesti organizzativi, nell’intento di ridurre i rischi psicosociali e migliorare il benessere organizzativo. Infine, proprio perché da questa analisi ne dovrebbe scaturire un percorso di soluzioni condivise, volutamente le conclusioni costituiscono un work in progress: l’obiettivo, infatti, è quello di individuare in modo collaborativo con i settori maggiormente esposti ai rischi psicosociali le misure preventive più opportune, anche tenendo conto di alcune proposte operative scaturite dagli stessi lavoratori in alcune attività di ricerca e riportate nel presente documento.