L’evento aveva come obiettivo l’incontro tra professionisti che operano a contatto con la popolazione detenuta per promuovere uno spazio di riflessione sul suicidio, che si consuma all’interno di un macrocosmo invisibile alla società.
Il suicidio è una delle principali cause di morte in tutto il mondo, che vede il carcere come un triste osservatorio. In Italia nel 2024 sono morte in carcere 244 persone, di cui 89 per suicidio accertato. A queste si aggiungono i 7 poliziotti della polizia penitenziaria che si sono tolti la vita.
Il suicidio è un problema di salute pubblica, ha una dimensione sociale, ambientale e strutturale che, in interazione con altri fattori, prende la forma dell’assoluta percezione di mancanza di senso della propria esistenza. Caratteristiche individuali, storia familiare, di contesto, di relazione, perdita di speranza, in un contesto farcito di specificità, quali sovraffollamento, mancanza di relazioni affettive, inattività (in primis la mancanza di lavoro), rigidità burocratiche, violenza, consentono di individuare il coacervo di pericolosi fattori che mettono a rischio la salute della persona.
Abbiamo bisogno di punti di riferimento, di modelli organizzativi e operativi, di procedure e metodologie pensate, per orientarci nel macrocosmo del carcere, non abbiamo, invece, bisogno di rigidi schemi e categorie che ingabbiano, che ci restituiscono solo l’illusione di un rassicurante controllo. Generalizzazioni e categorie rischiano di funzionare come il mitico letto di Procuste, la cui misura obbligatoria faceva si che chi era troppo corto venisse tirato e chi troppo lungo amputato, deturpando i corpi all’interno di un letto che considerava della misura ottimale. Abbiamo anche bisogno di un pensiero flessibile, che sappia proporre aggiustamenti alla specifica situazione, di una formazione specifica, di una mente aperta che sappia nutrirsi e di una metodologia formativa legata al processo, che sappia costruire pensiero critico e lavoro sugli aspetti emozionali e relazionali nell’incontro con l’altro.