Il tema della “Diversity & Inclusion” è di grande interesse all’interno delle aziende. Sono numerosissime le imprese che hanno una strategia di D&I e hanno da tempo introdotto delle funzioni organizzative a questo dedicate.
Ci confrontiamo con un mondo sempre più complesso ed interconnesso in cui le diversità, che fino a qualche decennio fa erano separate da barriere fisiche, geografiche, culturali e sociali, oggi fanno sempre più parte del vivere ordinario. E le organizzazioni non sono escluse da questa “contaminazione”, che le pone di fronte al rischio di conflitto sociale, esclusione, omologazione; ecco quindi la necessità di sviluppare modelli di intervento per i processi di inclusione.
Perché è di interesse per le imprese? Partiamo dai dati: gli ambienti più inclusivi stimolano le persone in termini di capacità creativa e di innovazione, e sono contesti più sensibili ai temi del mercato perché ne interpretano meglio il punto di vista: valorizzare la diversità in azienda si trasforma quindi anche in un vantaggio competitivo.
Sempre da un punto di vista performativo, come riportato in una recente ricerca di McKinsey, le aziende con una forte presenza etnica e culturale al loro interno mostrano risultati economici migliori rispetto a quelle che non promuovono la cultura dell’inclusione. E sempre secondo la stessa ricerca, le aziende con più del 30% di donne dirigenti hanno maggiori probabilità di performare meglio di quelle in cui la presenza di donne dirigenti è più bassa.
Anche la politica non si tira indietro, e numerose sono le azioni orientate ad incrementare l’inclusione e l’equità nel mondo del lavoro: ultimo esempio è il PNRR, che tra le varie misure ha introdotto la certificazione della parità di genere nelle imprese, a fronte di un tasso di occupazione femminile drammaticamente al di sotto del 50%.
In questo scenario, quale competenza per la psicologia? Non basta “la presenza di elementi di diversità” per sviluppare buone pratiche nei contesti organizzativi. Il confronto con le diversità e i processi di inclusione sono ad elevata complessità e richiedono di essere progettati, compresi, accompagnati. La competenza psicologica gioca un ruolo fondamentale in questo scenario di cambiamento e di sviluppo, al momento ancora troppo poco presidiato dalla nostra professionalità. Serve quindi un sapere condiviso, delle coordinate culturali comuni, oltre a un apparato di conoscenze e di tecnologia per poter affermare la competenza psicologica in questo ambito ancora emergente e dalle grandi potenzialità di intervento.
Relatori
Mariarosaria Izzo, Daniela Pavoncello, Monica Napoleone, Marco Cristian Vitiello, Dina Stancati, Paola Biondi, Mario Di Carlo, Giorgia Ortu La Barbera, Riccardo Basso, Federica Ferrini, Gaia Calabresi