La Ctp in regime di gratuito patrocinio

Cos’è, com’è possibile svolgerla, come a chi richiedere la liquidazione del compenso

Che cos’è e a chi spetta

In piena attuazione del diritto di difesa sancito dall’articolo 24 della Costituzione, il Dpr n. 115/2002 assicura ai cittadini non abbienti il patrocinio a spese dello Stato (c.d. “gratuito patrocinio”) nei processi civili.

Ai sensi di tale norma, chiunque abbia un reddito inferiore a € € 11.493,82 può richiedere, al fine di essere rappresentato in giudizio, la nomina di un avvocato e la sua assistenza a spese dello Stato presentando apposita domanda al Consiglio dell’Ordine degli Avvocati competente per territorio. I soggetti ammessi al patrocinio possono scegliere un difensore tra gli iscritti negli appositi elenchi degli avvocati per il patrocinio a spese dello Stato.


Scelta del consulente e requisiti per assumere l’incarico

Qualora nel corso del procedimento giudiziario in regime di gratuito patrocinio si renda necessario il ricorso a competenze psicologiche, l’avvocato o direttamente la parte in causa possono nominare anche un consulente tecnico di parte (Ctp), che possa intervenire in maniera adeguata nel corso della consulenza tecnica d’ufficio.

A differenza di quanto previsto per la nomina del difensore, non vige per i Ctp disponibili ad operare in regime di gratuito patrocinio uno specifico Albo messo a disposizione dall’Ordine degli Psicologi o da quello degli Avvocati e consultabile dai clienti. La scelta del professionista avverrà dunque su base fiduciaria, così come accade per la designazione del consulente tecnico di parte ordinario.

Trattandosi a tutti gli effetti di una consulenza tecnica di parte, analogamente non vi sono requisiti specifici per operare in regime di gratuito patrocinio, valendo per ciascun professionista il precetto di prestare la sua opera “secondo scienza e coscienza”, garantendo al cliente una prestazione al massimo livello di competenza.


Pagamento dell’onorario e prenotazione a debito

Al pari di quello spettante all’avvocato difensore, sarà liquidato dall’Autorità Giudiziaria con decreto di pagamento al termine di ciascuna fase o grado del processo e, comunque, all’atto della cessazione dell’incarico (articolo 83 del Dpr n. 115/2002).

Sarà necessario presentare una richiesta di pagamento presso la Cancelleria del Tribunale di riferimento indirizzandola all’attenzione del giudice competente, comprensiva di onorario e spese sostenute e dettagliatamente documentate. Questa richiesta sarà oggetto di un attento vaglio da parte del giudice, il quale emetterà un decreto di pagamento.

Ottenuto il decreto, il Ctp che ha prestato la consulenza con patrocinio a spese dello Stato potrà ottenere immediatamente dalla Cancelleria una liquidazione limitata alle spese sostenute. L’onorario, invece, dovrà essere liquidato dalla parte soccombente.

Nel caso in cui, la parte soccombente non sia stata ammessa al gratuito patrocinio, il professionista dovrà esigere da quest’ultima la liquidazione dell’onorario, inviando una raccomandata a/r contenente, oltre alla richiesta, anche il decreto di pagamento emesso dal giudice di competenza.

Nel caso in cui la parte soccombente sia stata ammessa al gratuito patrocinio, l’onorario sarà liquidato direttamente dall’erario.


L’incostituzionalità della prenotazione a debito prevista dall’art. 131 comma 3

La Sentenza della Corte Costituzionale n 217 del 5 giugno – 1 ottobre 2019 è intervenuta censurando il cosiddetto principio della prenotazione a debito prevista dall’articolo 131 comma 3 del Dpr n. 115/2002, ponendo fine alle situazioni di oggettiva difficoltà in cui per anni si sono trovati i consulenti tecnici quando, a soccombere, nell’ambito di un procedimento giudiziario con patrocinio a spese dello Stato, fossero le stesse parti ammesse a questa forma di tutela.

Secondo la formulazione censurata della norma, in tali casi, il consulente avrebbe dovuto presentare la cosiddetta “prenotazione debito” del suo onorario. 

Tale procedura, da percorrere solo dopo aver esperito infruttuosamente il recupero nei confronti della parte ammessa al patrocinio gratuito, consisteva nell’annotazione a futura memoria di una voce di spesa, per la quale non ci sarebbe stato pagamento, ai fini dell’eventuale successivo recupero, ed aveva sistematicamente prodotto come effetto quello della sostanziale gratuità della prestazione.

In passato la Corte Costituzionale, chiamata a pronunciarsi sulla legittimità dell’articolo 131 del Dpr n. 115/2002 in relazione all’articolo 3 e 36 della Costituzione, aveva ritenuto infondati i rilievi di incostituzionalità sollevati, sulla base di una presunta successione automatica tra le due fasi di prenotazione a debito e liquidazione da parte dell’erario: con l’ordinanza n. 12 del 6 febbraio 2013 la Corte Costituzionale affermava, infatti, che gli onorari dei consulenti tecnici “o graveranno sui soggetti di cui al citato art. 131 del d.lgs. n. 115 del 2002 ovvero, laddove sia impossibile ripeterli da costoro, se ne potrà chiedere la prenotazione a debito, con successiva liquidazione a carico dell’Erario”.

Ma, come chiarito all’interno della Circolare del Dipartimento per gli affari di giustizia dell’8 giugno 2016, tale conclusione non aveva certo introdotto un automatismo tra la prenotazione a debito e la liquidazione, che era così rimasta soltanto eventuale, perché subordinata al previo effettivo recupero da parte dell’erario.

Muovendo da tale assunto, con la più recente sentenza n. 217, la Corte Costituzionale è così tornata sulla questione, dichiarando l’illegittimità costituzionale dell’articolo 31 comma 3 del Dpr n. 115/2002, nella parte in cui prevede che gli onorari e le indennità dovuti ai consulenti siano previamente oggetto di intimazione di pagamento e successivamente eventualmente prenotati a debito (in caso di impossibilità di “ripetizione”) anziché anticipati direttamente dall’erario.

Secondo il Giudice delle Leggi, la finalità del patrocinio a spese dello stato è quella di assicurare tutela alle persone non abbienti con carico all’erario in tutti i casi in cui consulenti professionali svolgono la attività di assistenza nei loro confronti e la locuzione “prenotazione a debito” non equivale di fatto a “anticipazione degli onorari a carico dello stato”. 

Secondo la Corte costituzionale, la norma è

[…] viziata sotto il profilo della ragionevolezza proprio perché, in luogo dell’anticipazione da parte dell’erario, prevede, a carico dei soggetti che hanno prestato l’attività di assistenza, l’onere della previa intimazione di pagamento e l’eventuale successiva prenotazione a debito del relativo importo («se non è possibile la ripetizione»). Infatti, tale meccanismo procedimentale, unitamente all’applicazione dell’istituto della prenotazione a debito, impedisce il rispetto della coerenza interna del nuovo sistema normativo incentrato sulla regola dell’assunzione, a carico dello Stato, degli oneri afferenti al patrocinio del non abbiente.

In definitiva, d’ora in avanti l’importo spettante ad un consulente che ha prestato la sua opera nei casi di ammissione al patrocinio a spese dello Stato non dovrà più essere oggetto di una prenotazione a debito ma dovrà essere direttamente anticipato dall’erario.

Sentenza Corte Costituzionale n. 217/2019

Comunicato dell’Ufficio Stampa della Corte Costituzionale