Come verificare se la condotta messa in atto da una persona non titolata può rientrare nell’esercizio abusivo?
Se la persona non in possesso dei requisiti necessari, mette in atto le azioni tipiche della professione psicologica ovvero tutte quelle condotte definite dagli artt. 1. e 3 della legge 56/89. Se ad esempio si viene a conoscenza (direttamente o indirettamente) del fatto che effettua una diagnosi, un sostegno psicologico, svolge dei colloqui clinici, utilizza dei test psicodiagnostici, etc. Per un approfondimento sugli atti tipici si veda:
- Documento del CNOP (2020), Atti tipici e riservati della professione psicologica: la competenza del counseling
- Documento dell’Ordine degli Psicologi del Lazio (2021), "Legittimare un abuso?"
FAQ - Domande Correlate
L'esercizio abusivo della professione psicologica integra in reato di "abusivo esercizio di una professione" (art.348 del Codice Penale), in cui si incorre quando una persona, senza averne la titolarità, svolge un'attività tipica della nostra professione tra quelle rientranti negli artt. 1 e 3 della Legge 56/1989 usando gli strumenti tipici degli psicologi e delle psicologhe.
L'esercizio abusivo è una condotta - nel nostro caso la professione psicologica - che diventa un illecito penale se dimostrato che la condotta e gli strumenti adottati sono quelli "tipici" della nostra professione e sono agitu da una persona che non ha i titoli richiesti.
Nel caso ci fosse il sospetto di esercizio abusivo della professione, per prima cosa bisogna verificare se la persona in questione sia regolarmente iscritta all’Albo Unico degli Psicologi tenuto dal Consiglio Nazionale, all’interno del quale confluiscono i dati di chi è autorizzato/a allo svolgimento della professione di psicologo/a sul territorio italiano. Per farlo basta svolgere una ricerca sul portale www.psy.it.
Se il controllo ha esito negativo è consigliabile ricercare il nominativo della persona interessata sul portale della Federazione Nazionale dei Medici Chirurghi e Odontoiatri.
Com’è noto, medici e psicologi e psicologhe condividono la branca professionale della psicoterapia, per cui è possibile che la persona in questione rientri tra medici psicoterapeuti.
Se l’ipotesi non è confermata e se si ravvisano elementi di criticità ovvero un ragionevole dubbio sul presunto esercizio abusivo della professione, eventualmente supportato da raccolta di documentazione: è doveroso (per colleghi e colleghe ai sensi dell’art. 8 del codice deontologico) e possibile per i non iscritti, segnalare il caso al Consiglio dell’Ordine rivolgendo la richiesta alla Commissione Tutela dell’Ordine degli Psicologi del Lazio che procederà, previa istruttoria e valutazione del Consiglio a inoltrare alle autorità giudiziarie competenti; è altresì possibile sporgere denuncia/querela alle autorità competenti (Forze dell’Ordine o Procura della Repubblica).
La Procura della Repubblica presso il distretto giudiziario della Corte d’Appello di Roma competente territorialmente - ovvero dove sarebbe stato commesso l’esercizio abusivo - e le Forze dell’Ordine ovvero Polizia di Stato (Questure e Commissariati di P.S.), Carabinieri (Stazioni e Compagnie), Guardia di Finanza. Nello specifico, all’interno dell’Arma dei Carabinieri vi è un nucleo specializzato, il Comando per la Tutela della Salute (NAS), che svolge attività di contrasto per vari reati tra cui anche l’esercizio abusivo.
La denuncia/segnalazione dovrebbe contenere:
- l’indicazione delle generalità di chi denuncia, del suo domicilio e recapiti telefonici;
- l’esposizione dettagliata in forma chiara e precisa dei fatti;
- l’indicazione del luogo in cui si sono verificati (almeno il Comune e se si possiede l’indirizzo);
- l’indicazione delle generalità della persona denunciata/segnalata;
- l’indicazione della persona danneggiata dal reato (vittima);
- l’indicazione di eventuali persone informate sui fatti (testimoni);
- eventuale materiale a sostegno dei fatti rilevati (ad esempio foto schermo cellulare o pc, profili social media quali Facebook / Instagram / LinkedIn / Twitter / Tik-Tok, link, siti web, biglietti da visita, copia fatture o ricevute, link a video, locandine, email, newsletter e ogni altro materiale utile).
La Commissione Tutela dell’Ordine degli Psicologi del Lazio, una volta ricevuta la segnalazione, nella prima seduta utile si occupa della fase istruttoria: può chiedere integrazioni documentali al/la segnalante, effettuare apposite ricerche su internet, inviare richieste di chiarimenti alla persona segnalata, etc. All’esito dell’istruttoria, la Commissione può decidere di mandare direttamente una diffida alla persona o ente interessato oppure, laddove l’indagine effettuata porti ad un ragionevole dubbio circa la condotta in essere, si procede proponendo al Consiglio l’inoltro alle autorità competenti. Una volta deliberato, l’Ordine inoltra la segnalazione così come proposto dalla Commissione.
Successivamente, la Commissione continua a monitorare il caso durante l’iter giudiziario richiedendo informazioni all’ufficio preposto, andando ad interloquire con l’A.G. o la P.G. delegata (e in generale offrendo la sua piena collaborazione) e monitorando mettendo in atto le azioni di volta in volta necessarie (eventuale richiesta archiviazione e opposizione, avvio azione penale, etc.).
In caso contrario, dove non si ravvisa nessun pregiudizio o non si rilevano informazioni necessarie per supportare l’inoltro della segnalazione, la Commissione inoltrerà al Consiglio richiesta di archiviazione.
Se dal lavoro istruttorio della Commissione Tutela emerge un ragionevole dubbio circa l’esercizio abusivo della professione psicologica da parte di persona non titolata, l’Ordine, in quanto Ente pubblico, è obbligato a segnalare la condotta alle autorità competenti perché si tratta di un reato procedibile d’ufficio.
Certo. Per un approfondimento si veda:
- Documento della Commissione Tutela dell’Ordine Psicologi Lazio (2022), La cornice normativa dell’esercizio abusivo
- Webinar della Commissione Tutela (2021)