È prevista la presentazione della prima seduta di terapia di una giovane donna e l’ultima seduta della terapia di una adolescente. Attraverso questi due casi si mostra come nella pratica analitica, che poggia sulla teoria junghiana, possa essere utilizzato il metodo del “gioco della sabbia”, in cui l’analisi verbale si coniuga con le immagini che il soggetto costruisce nella cassetta della sabbia e, insieme al terapeuta, utilizzate alla stregua di un sogno in tre dimensioni. Si mostra come, attraverso i quadri di sabbia e la verbalizzazione, è possibile riconoscere le resistenze, i fenomeni transferali della paziente e controtransferali del terapeuta, nonché riconoscere i nodi transgenerazionali irrisolti, le esperienze infantili e individuare le risorse da attivare o attivate e la possibile evoluzione.
La “Sandplay therapy”, o “Gioco della sabbia” nasce da un’intuizione della psicologa svizzera Dora Kalff (1904-1989), allieva di C. G. Jung e si inserisce nel solco della Psicologia Analitica di Jung. La Sandplay Therapy utilizza una cassetta contenente della sabbia, di misure prefissate, corrispondenti al campo visivo di una persona alla distanza di 50 cm, e numerosi oggetti, ordinati su degli scaffali in categorie. Nello spazio della sabbiera il paziente ha libertà di rappresentazione, le scene devono essere costruite all’interno del contenitore di sabbia, che può essere, su scelta del paziente, asciutta o bagnata.
Relatori: Francesco Montecchi, Paola Rocco