Il sintomo del dolore è spesso la “voce” di una malattia, ma quando si parla di dolore cronico può essere esso stesso “la patologia”. L’insistenza del sintomo e la durata possono portare la persona a stati psicopatologici, quali ansia o depressione, che condizionano la qualità di vita. La componente psicologica incide profondamente sul dolore cronico, sia modulandone la percezione che generando diversi pattern cognitivi e comportamentali.
Il dolore cronico può essere causa ad esempio: di assenteismo dal lavoro, isolamento, crisi di coppia, crisi di identità, problematiche familiari.
Lo psicologo/ psicoterapeuta può, con i suoi strumenti, controllare quella parte di dolore lavorando sulla percezione, sugli stati di ansia e di depressione, sulla rabbia, oltre ad offrire possibilità di sostegno psicologico per terapie di coppia, familiare.
Molto utile è anche la valutazione psicodiagnostica dello psicologo, che aiuta il medico a capire quale tipo di trattamento farmacologico deve prendere in considerazione per aiutare la persona nel controllare il dolore. Esaminando lo scenario odierno italiano, si riscontra che il dolore cronico viene gestito soprattutto dai medici di medicina generale e dai medici degli ambulatori della terapia del dolore degli ospedali (servizi di anestesia e rianimazione). La figura dello psicologo non è attualmente presente in tutti gli ambulatori della terapia del dolore. I pochi psicologi che operano in questi reparti spesso hanno incarichi di poche ore non sufficienti per seguire tutti i pazienti che hanno bisogno di un supporto psicologico, oppure sono volontari o colleghi che ricoprono incarichi in altri reparti dello stesso ospedale. Tutto questo non rispecchia ciò che dicono le normative legislative presenti (La legge 38/2010 e l’ultimo decreto del 2015).Ma ad oggi è presente lo psicologo specializzato nella terapia del dolore?
Relatori
Monia Belletti, Rosa Bruni, Daniela Cattaneo, Leonilde Cigognetti, Mara Lastretti