Relatori: Mario Becciu e Anna Rita Colasanti
A. è una signora di 73 anni. Da 20 anni è diventata cieca per una malattia degenerativa. Ha una figlia di 35 anni sposata di recente. Il marito è deceduto per Covid nel dicembre del 2020. Vive da sola in casa. Insegnante in pensione, ama uscire, incontrare persone, usufruire di offerte culturali nella sua città. Ma per poter vivere questo stile di vita è costretta a dipendere totalmente da una molteplicità di persone che non sempre possono darle la loro disponibilità.
Chiede di essere seguita dallo psicoterapeuta per problemi d'ansia con presenza di costante irritazione, esplosioni di rabbia e numerose manifestazioni psicofisiologiche che il neurologo ha definito 'somatizzazioni'. È in trattamento farmacologico da anni con un leggero ipnotico e ansiolitici. L'isolamento pandemico, il distacco della figlia, la repentina morte del marito per Covid, il prendere contatto con il buio totale misto, per la prima volta, al silenzio dentro casa, portano la paziente a vivere una situazione estrema di fragilità psicofisica, relazionale, familiare e sociale. E forse è la prima volta che prende veramente contatto con gli effetti della cecità totale. In psicoterapia emerge la sua non accettazione dell'handicap visivo che finora aveva coperto con il cercare di vivere 'come se non fosse cieca'. Le sue tante fragilità la portano a consegnarsi totalmente alla relazione terapeutica vissuta dalla paziente come luogo sicuro nel quale ripensare la propria vita a partire dall'accettazione della sua condizione di donna sola, non vedente, costretta a dipendere totalmente dagli altri. Il bisogno di esplorazione in lei mai estinto la porta, grazie all'aiuto della terapia, ad aprirsi nuovamente al mondo e ad intraprendere nuovi percorsi.