Torniamo a scuola

Prim'Ordine. Storie di una Consiliatura

Negli anni, per nostra fortuna, la rappresentazione “di costume” dello psicologo si è modificata. Se, fino a una quindicina di anni fa, quando compariva uno psicologo in un thriller si poteva comodamente giocarsi una fiche sulla probabilità che fosse lui l’assassino (o quantomeno un personaggio ambiguo e sinistro), nei prodotti pop degli ultimissimi anni sono fiorite relativamente alla nostra professione rappresentazioni più positive, che incarnano in modo più disteso la cura, il supporto, la spinta motivazionale. Uno fra tutti è lo psicologo del film Will Hunting - genio ribelle, interpretato da un ispirato Robin Williams che prende in carico un adolescente talentuoso ma, sul piano dinamico, profondamente sabotante. Il contesto di riferimento è la scuola, lì nasce il contratto terapeutico, lì - con qualche infrazione di setting - si sviluppa il rapporto di cura. Che è molto focalizzato sui due protagonisti della storia, ma che si arricchisce anche delle dinamiche con un altro insegnante, fino ad alcuni sviluppi drammatici. Ovviamente si tratta di un film, e per esigenze di copione estremizza aspetti del contesto, dei personaggi e delle relazioni. Restituisce però l’entusiasmo di lavorare con gli adolescenti nel contesto scolastico. 

Ed effettivamente la possibilità degli psicologi di lavorare nelle scuole apre uno scenario di enormi potenzialità. Sappiamo anche, d’altra parte, che la scuola è quello che si può definire un “committente debole”, perché spesso non ha una domanda chiara che consenta di contestualizzare con precisione l'aspettativa nei confronti del lavoro professionale dello psicologo. Come professionista abituato a fare dell’analisi della domanda un momento non preliminare, ma sostanziale dell’intervento sui contesti, lo psicologo che lavora a scuola sa che potrà incontrare nella relazione con questo committente alcune complessità.

Intanto perché la scuola aggrega diversi soggetti con cui lo psicologo si interfaccia: il dirigente scolastico, i professori, i genitori, poi gli alunni - e ognuna di queste relazioni definisce il ruolo dello psicologo all’interno di quell’ambiente. 

Il Vademecum Operativo-Dentologico per lo Psicologo nella Scuola, redatto da Andrea Civitillo e Salvatore Gibilisco e frutto della stretta collaborazione tra il Gruppo Psicologia e Scuola e la Commissione Deontologica dell’Ordine degli Psicologi del Lazio, nasce proprio dall'esigenza di supportare i colleghi e le colleghe a orientarsi nel delicato rapporto con il mondo scolastico, in una prospettiva che richiede una rinnovata capacità di istituire con esso un rapporto professionale competente, che tenga conto del complesso rapporto tra individuo e contesto.   

Possiamo fare l'esempio del consenso informato, che in questa prospettiva non è solo un noioso adempimento burocratico, ma il momento prezioso in cui viene fornita alle famiglie un'informazione quanto più possibile completa e chiara riguardo l’approccio dello psicologo ai problemi che esse vivono in rapporto al contesto scolastico. E’ l’occasione per fornire una mappa che racconti del perché e del come lo psicologo si inserisce in quell’universo, ed è preziosa anche in previsione di quello che potrà accadere nella relazione con i committenti finali, i ragazzi, perché potrebbero esserci casi in cui aver costruito una relazione chiara sul lavoro psicologico sarà una chiave fondamentale per risolvere situazioni potenzialmente molto cariche e ambivalenti sul piano dinamico. 

Facciamo un esempio su questa fattispecie: allo sportello di ascolto di una scuola arriva un ragazzo che dopo alcune sedute racconta alla psicologa che detiene il servizio di avere condotte autolesionistiche. E’ una confidenza molto intima, carica di vergogna e paura, e ogni professionista sa quanto sia delicato e centrale il ruolo del segreto professionale, che infatti è tutelato dalla legge e vastamente trattato nel Codice Deontologico. Sappiamo anche che il professionista, qualora ravveda comportamenti che possono configurare reato o un rischio grave per la salute del minore o di terzi, a seconda delle situazioni debba o possa derogare a quell’obbligo e riferire quanto appreso in seduta all’Autorità Giudiziaria. Ma spesso, come nell'esempio delle condotte autolesionistiche, il confine può essere molto sfumato. Derogare al segreto può compromettere la relazione di affidamento. Se si è lavorato consapevolmente sulla relazione con il contesto, il professionista avrà strumenti di valutazione più raffinati per comprendere, per esempio, se ci sono risorse per coinvolgere subito i genitori e in che modo le sue scelte possano interferire e fare eco nel contesto di vita più ampio del minore, compresa la scuola, nel cui alveo accade anche la relazione terapeutica. 

Settembre, la scuola sta per ricominciare. E’ un momento ideale per arricchire la nostra cassetta degli attrezzi per lavorare al meglio in questo contesto ricco di vitalità.