Diversi Enti e Aziende operanti sul territorio laziale offrono ai propri dipendenti o affiliati una copertura assicurativa volta a rimborsare una parte delle spese sanitarie sostenute. Per farlo sottoscrivono appositi contratti con compagnie assicurative. Una di queste, la Cassa Autonoma e di Assistenza Sanitaria (CASPIE), pur prevedendo nei propri contratti il rimborso delle prestazioni psicoterapiche, realizza una ingiustificata disparità di trattamento tra la figura dello psicoterapeuta-psicologo e la figura dello psicoterapeuta-medico.
Le polizze in questione, infatti, riconoscono un rimborso ai dipendenti che sostengono percorsi di psicoterapia, soltanto a patto che tale prestazione venga effettuata da medici abilitati all’esercizio dell’attività psicoterapeutica. Non riconoscono invece alcun rimborso nel caso in cui la prestazione di psicoterapia venga offerta da uno psicologo-psicoterapeuta.
Nel corso degli anni, l’Ordine degli Psicologi del Lazio ha in più occasioni evidenziato come le clausole di polizze così formulate si pongano in netto contrasto non soltanto con la Legge n. 56/1989, ma anche con il fondamentale principio di concorrenza, con il rischio di comprimere la libertà di accesso degli operatori professionali psicologi sul mercato e con effetti negativi nei confronti degli utenti delle prestazioni di psicoterapia.
Oltre a invitare la CASPIE a conformare le proprie polizze all’ordinamento normativo vigente, l’Ordine in passato ha richiesto l’intervento dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCOM), che tuttavia si astenne da una decisione nel merito, rimandando all’Istituto per la Vigilanza sulle Assicurazioni Private e di Interesse Collettivo (ISVAP) l’adozione di qualsiasi provvedimento in materia. L’ISVAP, nel dare riscontro all’Ordine, fece sapere che la CASPIE non si configura come «una impresa di assicurazione e pertanto non è sottoposta alla propria vigilanza», invitando comunque la stessa a fornire un riscontro alla segnalazione dell’Ordine.
Non avendo ricevuto riscontro, nel giugno 2011, il Consiglio dell’Ordine decise di procedere con azione legale contro la CASPIE. Nell’agosto 2020, il Tribunale Ordinario di Roma, tuttavia, ha rigettato l’istanza presentata dall’Ordine per carenza di legittimazione attiva: secondo il Tribunale Ordinario, l’Ordine regionale non è legittimato ad agire in rappresentanza di tutti i professionisti iscritti all’Albo, giacché tale attribuzione, e in particolare quella di “curare l’osservanza delle leggi e delle disposizioni concernenti la professione relativamente alle questioni di rilevanza nazionale”, spetterebbe per legge al Consiglio Nazionale dell’Ordine degli Psicologi (art. 28, L. n. 56/1989).
Negli ultimi giorni la vicenda si è arricchita di un’ulteriore evoluzione, purtroppo sfavorevole per l’Ordine degli Psicologi del Lazio.
La Corte d’Appello di Roma, infatti, senza entrare nel merito delle questioni sollevate dall’Ordine a tutela della categoria professionale, ha confermato la pronuncia del Tribunale Ordinario. Per i Giudici, che hanno aderito all’interpretazione restrittiva degli articoli 12, comma 2, lettera d) e 28, comma 6, lettera d) della legge n. 56/1989 formulata dal Consiglio di Stato nel giudizio in materia di ECM tra Ordine degli Psicologi del Lazio contro CNFC, il Ministero della Salute e il CNOP (sentenza n.2164/2022), gli Ordini territoriali non avrebbero legittimità ad agire sulle “questioni di rilevanza nazionale”.