Dopo un lungo lavoro di confronto tra professionisti e organizzazioni del settore, l’Ordine degli Psicologi del Lazio, attraverso il Gruppo di Lavoro Psicologia Sostenibile, ha costituito il Registro delle Organizzazioni di Psicologia Sostenibile (ROPS).
In un tempo nel quale in Italia vive in povertà assoluta o relativa il 15% della popolazione, e nel quale una grande parte della popolazione non accede alle cure sanitarie, e quindi ai servizi psicologici, l’Ordine degli Psicologi del Lazio cerca di fare la propria parte per attenuare le discrepanze tra richiesta di servizi psicologici sempre più avvertita dalla cittadinanza e la capacità di risposta da parte del sistema pubblico e privato. La parziale accoglienza da parte dei servizi pubblici e privati si potrebbe far risalire al fatto che da una parte i servizi preposti alla tutela della salute sono storicamente centrati soprattutto sulla malattia biologica, relegando in secondo ordine gli aspetti psico-sociali. La crisi economica, inoltre, induce a “tagliare” proprio questi ultimi aspetti, con il conseguente ridimensionamento e disinvestimento in servizi fondamentali e ritenuti essenziali (rientrano nei LEA del SSN) come quelli di Psicologia e Psicoterapia. Le risorse a disposizione del Welfare State appaiono diminuire mentre le esigenze che il Welfare dovrebbe soddisfare continuano a crescere. Dall’altra parte il mercato dei servizi psicologici privati opera un filtro a maglie strette che solo gli utenti con adeguata capacità economica e culturale possono superare.
Condividiamo l’esigenza di una funzione psicologica importante nei servizi territoriali, che offra la possibilità a chi ha necessità di essere preso in carico in percorsi pubblici, ma in mancanza di una risposta adeguata, per carenza di risorse e aumento della domanda di aiuto, occorre quindi che oggi la società civile si organizzi in maniera autonoma e coordinata a supplire queste carenze del servizio pubblico, offrendo servizi psicologici e sociali di qualità e con la garanzia di un’offerta “democratica”, cioè accessibile a tutti e quindi da tutti sostenibile.
La nostra idea di sostenibilità non può prescindere sia dall’esigenza di rendere effettivamente accessibili e fruibili i servizi psicologici a chi ne faccia richiesta, sia dalla necessità di offrire al professionista un adeguato riconoscimento economico. Quindi un intervento in questo senso deve essere sostenibile in termini economici e deve avere un chiaro effetto sociale.
Ad oggi non ci sono ricerche specifiche che ci mostrano dati certi sull’accesso ai servizi psicologici da parte dei cittadini. Nel rapporto Istat sulla Salute Mentale del 2018 (pag. 9) troviamo che su 11.474.311 prestazioni erogate dai servizi psichiatrici pubblici solo il 6,5% si configura come attività psicologica psicoterapica. Come già accennato precedentemente, sappiamo che molti cittadini non accedono ai servizi privati (ricordiamo anche gli ultimi dati ISTAT relativi alla rinuncia alle cure sanitaria da parte di diversi milioni di cittadini italiani), e che i servizi pubblici non possono accogliere molti cittadini che denunciano il bisogno di un intervento psicologico o di una psicoterapia.
Le strutture pubbliche, in sostanza, non possono prendere in carico questi cittadini anche perché le risorse materiali e professionali vengono dirottate verso la gestione di patologie gravi o invalidanti.
Tenendo ferma la premessa già esposta di un bisogno di riflessione sulle politiche sanitarie e il bisogno di rinforzo della funzione psicologica e preventiva nel servizio pubblico, riteniamo che una Rete di organizzazioni di psicologia sostenibile potrebbe diventare una risorsa, sia per la creazione di un servizio di qualità, sia per favorire una rete di dialogo con il Sistema Sanitario Regionale del Lazio, con Comuni del territorio e con le organizzazioni private, in maniera da poter dare anche una risposta organizzata di fronte a domande spesso inevase.
In particolare crediamo che questa tipologia di servizi possa accogliere una particolare tipologia di utenza, un’utenza cioè che avrebbe grosse difficoltà ad accedere ad a un servizio professionale basato sul libero mercato ma che potrebbe essere utilmente accolta in un servizio di tipo privato sociale. Mentre altre tipologie di utenza, più complesse, con bisogni diversificati avrebbero più possibilità di essere accolti da un servizio pubblico che, almeno teoricamente, ha la possibilità di costruire progetti di intervento complessi e integrati con altri interventi sanitari, sociali, educativi, etc.