Ottobre è il mese dedicato alla sensibilizzazione e alla consapevolezza sul lutto perinatale. Un lutto a lungo ignorato, negletto e minimizzato nei suoi effetti sulla vita di genitori e familiari. Di babyloss e di lutto perinatale si parla sempre di più da qualche anno ma ancora oggi è oggetto di tabù e pregiudizi che è importante contrastare, a livello socioculturale e sanitario, per tutelare la salute delle famiglie che subiscono perdite durante la gestazione, al parto o dopo la nascita.
Nel lutto perinatale i genitori piangono qualcuno che spesso non si è mai potuto abbracciare ma solo immaginare, vedere nelle ecografie o percepire dai movimenti nella pancia. Per i genitori che hanno conosciuto il figlio o la figlia solo nel ventre materno è un diritto sapere che in Italia le leggi vigenti prevedono che essi possano decidere di incontrare e vedere il proprio/a bambino/a nato morto.
Poter dare un volto e un corpo concreto alla propria creatura potrà avere una funzione protettiva sull’elaborazione del lutto favorendo la possibilità di intraprendere un processo elaborativo più fisiologico e adattivo con i tempi necessari per ciascuna coppia e per ciascun genitore.
La memoria è la funzione psicologica chiave per l’elaborazione dei lutti ma per i genitori in lutto perinatale è questo un aspetto drammaticamente problematico perché le memorie sono scarse o assenti e mancano i “mattoni” psicologici del ponte simbolico tra il mondo con e il mondo senza, importanti per trasformare la relazione con il /la figlio/a morto/a.
Elaborare il lutto non significa disinvestire o dimenticare, ma modificare in modo creativo e costruttivo la relazione interna con il figlio/a defunto.
Qui il nostro approfondimento, a cura di Carmen Rizzelli e Mirta Mattina, Gruppo di Lavoro “Psicologia e Salute Perinatale”