Lo psicologo non deve verificare il green pass

Tra le finalità di impiego del green pass previste dalla legge non figura l’accesso negli studi professionali

Con l’adozione del Decreto-legge n. 52/2021 (convertito in Legge n. 126/2021) e di successive norme, il Governo italiano ha introdotto alcune ulteriori misure per il contenimento della diffusione dell’epidemia da Covid-19. La più importante di queste riguarda la previsione dell’impiego della certificazione verde – meglio nota come “green pass” – ai fini dell’accesso da parte dei cittadini in determinati luoghi o strutture o per fruire di alcuni servizi individuati dalla stessa norma. 

Come noto il green pass è una certificazione rilasciata dal Ministero della Salute al cittadino che sia stato vaccinato contro il Covid-19 o che abbia ottenuto un risultato negativo al test molecolare/antigenico o, infine, che sia guarito da Covid-19.

Se nei mesi scorsi è stato introdotto l’obbligo vaccinale per tutti i professionisti sanitari nonché la previsione della sospensione dall’esercizio dell’attività nei casi di mancato adempimento, di recente il Legislatore è intervenuto sul mondo del lavoro, senza distinzione tra ambito pubblico e privato e a prescindere dalla tipologia di attività svolta (Decreto-legge n. 127/2021). A partire dal 15 ottobre 2021, chi, tra i lavoratori dipendenti, risulti sprovvisto di green pass ha un tassativo divieto di accedere nel luogo di lavoro ed è considerato assente ingiustificato, con conseguente sospensione della retribuzione. Le norme in vigore prevedono severe sanzioni sia per i diretti trasgressori, sia per il datore di lavoro che omette i controlli.

Il susseguirsi di rapide regole sul tema potrebbe generare alcuni dubbi tra i titolari degli studi professionali. Se infatti è ormai noto che l’esercizio dell’attività di psicologo presuppone l’adempimento vaccinale da parte del professionista, non altrettanto chiaro è se lo psicologo titolare di uno studio professionale abbia o meno l’obbligo di verificare il possesso della certificazione verde da parte delle persone assistite.

È importante pertanto chiarire che le nuove regole sull’obbligo di green pass sul luogo di lavoro sono applicabili esclusivamente ai lavoratori dipendenti e che la normativa in vigore non prevede alcun obbligo di certificazione verde per l’utente che si reca presso lo studio professionale dello psicologo

Allo stato attuale, dunque, lo psicologo non è obbligato a richiedere la suddetta certificazione alle persone assistite. L’art. 9, comma 10 bis del Decreto-legge n. 52/2021 e s.m.i. stabilisce infatti che le certificazioni verdi possono essere utilizzate solo ai fini previsti nella norma e che ogni diverso o nuovo impiego delle medesime “è disposto esclusivamente con legge dello Stato”.

L’obbligo di green pass è invece previsto per gli “accompagnatori dei pazienti” ai fini della permanenza nelle sale di attesa dei dipartimenti di emergenza e accettazione e dei reparti di pronto soccorso, nonché dei reparti delle strutture ospedaliere, dei centri di diagnostica e dei poliambulatori specialistici (art. 2 bis DL n. 52/21).

È infine il caso di ricordare che, per le ragioni precedentemente richiamate, negli studi professionali vige l’obbligo del green pass per “chiunque svolge la propria attività lavorativa o di formazione o di volontariato”, quindi, anche per eventuali tirocinanti e collaboratori dipendenti (art. 9 septies DL n. 52/21 e s.m.i.) e in tale circostanza il titolare dello studio ha l’obbligo di verificare il rispetto delle regole.