E poi finalmente arriva una buona notizia, esito di tante attese. In questi giorni un tribunale ha compreso quello che tentiamo di far capire da anni e cioè che se una persona che vive un disagio arriva a chiedere un aiuto psicologico deve poter contare sul fatto che chi la accoglie abbia le competenze tecnico-scientifiche per fornirlo e soprattutto che possa farlo. D’altra parte è quello che ci aspettiamo anche se ci fa male un dente o un ginocchio, vogliamo un medico, magari anche formato a risolvere il problema specifico che abbiamo. Non si comprende perché per la salute mentale questo non venga considerato. Seppur negli strumenti da indagare un trapano o un ferro chirurgico rendono certamente più semplice capire e provare l’esercizio abusivo della professione medica rispetto al colloquio e alla riabilitazione psicologica o ad una seduta di psicoterapia.
Lo Stato attribuisce agli psicologi e alle psicologhe il compito di valutare quel disagio, di sostenerlo e di trasformarlo in benessere. Lo dice la nostra legge istitutiva, lo sappiamo bene e cerchiamo di farlo al meglio. Così come sappiamo che accogliere una persona che ha un malessere è una responsabilità etico-deontologica, che comporta aggiornamento costante e soprattutto il possesso di requisiti formali (una laurea, una abilitazione e l’iscrizione ad un albo) che ci permettono di farlo.
Ebbene, sono tantissime le segnalazioni di colleghi e colleghe ma talvolta anche di cittadini, di persone che pur non avendo quei requisiti agiscono su quel disagio, suggestivamente attraggono, anche e soprattutto in rete, pazienti facendo credere loro di poter produrre benessere, curare disturbi e dipendenze di ogni tipo, producendo danni alla salute. Perché la salute delle persone è e deve essere l’interesse primario di una professione sanitaria e di un ordine, al di là dell’abuso professionale.
Eppure questo rischio troppo spesso non viene compreso, dalle istituzioni giudiziarie in primis.
Per questo per noi è un esito importante quello che arriva in questi giorni: la prima condanna (a 4 mesi di reclusione + 8mila euro di multa, a 2mila euro di risarcimento del danno e delle spese di lite), perché è finalmente una presa d’atto della portata della condotta e del rischio per la salute pubblica. Al di là del riconoscimento della nostra professione e del danno prodotto dall’esercizio abusivo. Così si legge nel capo di imputazione: (…) del delitto di cui all’art. 348 c.p., perché esercitava abusivamente la professione di psicologo, professione per cui è necessaria una speciale abilitazione dello Stato, pur non essendo iscritta all’albo unico nazionale degli psicologi, ricevendo i pazienti presso un appartamento (….) e fornendo sedute di psicoterapia a pagamento. (…). E questo avviene dopo 5 anni dalla segnalazione ricevuta dalla Commissione Tutela da parte di una ex paziente che denuncia l’agire indisturbato di una non psicologa che accoglieva da anni nel suo studio privato tante persone in difficoltà, anche molto giovani.
Nella segnalazione iniziale, con preoccupazione, si faceva ben riferimento al danno prodotto nella vita delle persone che avrebbero avuto bisogno di un aiuto competente. E per il nostro Ordine, nel costante e difficile lavoro di tutela che la legge e il nostro codice deontologico ci chiede di portare avanti è un giorno di riconoscimento importante. Così come per la salute psicologica delle tante persone in una condizione di vulnerabilità che si rivolgono a pseudo- professionisti, talvolta grottescamente e strumentalmente formati proprio da noi psicologi.
E’ questo il primo grande risultato delle strategie attivate in questi anni dalla Commissione Tutela insieme al recente intervento sanzionatorio dei NAS in un caso di usurpazione del titolo.
Chiaro che dovremo vedere gli esiti di eventuali prossimi gradi di giudizio e che ci auguriamo la migliore fuoriuscita dal percorso giudiziario in un’ottica riabilitativa e riparativa della persona condannata, ma soprattutto auspichiamo che questa risposta di giustizia serva a promuovere maggiore consapevolezza sui rischi per la salute dell’esercizio abusivo della professione psicologica e un atteggiamento più attento e responsabile da parte di tutti e tutte noi.
Vera Cuzzocrea
Vice presidente e Coordinatrice della Commissione Tutela dell'Ordine degli Psicologi del Lazio
La Commissione Tutela (nuova scheda - new tab) dell'Ordine degli Psicologi del Lazio
L'ebook Il "Fare psicologico e l'esercizio abusivo" (nuova scheda - new tab)
Leggi l'articolo "La tutela del titolo professionale. Grazie a una segnalazione dell'Ordine, i Carabinieri del NAS individuano e sanzionano un caso di usurpazione di titolo" (nuova scheda - new tab)