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Una delle domande che più hanno fatto la storia della psicologia riguarda l’origine del malessere (e, di riflesso, anche del benessere): quale peso hanno i fattori innati e quale i fattori ambientali? Quanto possiamo addebitare il disagio a caratteristiche di personalità originarie e quanto invece alle determinanti dell’ambiente in cui si vive e si è vissuto? Quanto, dall’altra parte dello specchio, possiamo affidare la crescita trasformativa a strategie di coping, risorse, qualità intrinseche all’individuo e quanto invece pesa un contesto facilitante, in termini di relazioni, variabili socio/economiche e ambientali?
Questo tipo di polarizzazione nel tempo si è molto affievolita all’interno del dibattito teorico in seno alla psicologia, probabilmente perché la questione “politica” che questa domanda porta con sé è diventata meno urgente. Possiamo oggi perlopiù affermare che ci sono “corredi” psichici potenziali che nell’incontro con l’ambiente vengono sollecitati a rispondere in un certo modo e che esistono campi di interazione e dialogo continuo tra le due dimensioni, tanto che a volte sembra pretestuoso provare a isolare un’origine definitiva di un comportamento (o di un disagio): ognuno di noi è costantemente immerso nella relazione con il mondo, e ogni momento reagiamo e ci adattiamo agli stimoli che ci sollecitano. Noi siamo quella relazione.
Possiamo dire che l’attenzione alla qualità del contesto in cui si forma la personalità ha anche cambiato vertice di osservazione: se negli anni d’oro della sperimentazione psicosociale si studiava molto la relazione individuo vs massa (un esempio tra tutti, gli esperimenti sul conformismo) adesso l’ambiente è inteso e valutato in modo più esteso, più compiutamente “ecologico”.
Le evidenze relative a fenomeni in grande aumento nel mondo contemporaneo, lo stress e l’ansia, ci aiutano a guardare i contesti con sguardo più attento. I ritmi accelerati di questo tempo hanno messo l’accento, per esempio, su quanto possa essere psicologicamente faticoso modulare i tempi dedicati al lavoro con quelli dedicati al tempo libero; la dimensione super performativa del mondo del lavoro, d’altra parte, può causare pressione anche a quegli adulti che sono genitori; la stessa pressione performativa, declinata sui ragazzi, può creare disorientamento e senso di inadeguatezza. Potremmo andare avanti con gli esempi, ma sintetizzando potremmo dire che i tempi sottratti alle pressioni del fare e dedicati alla riflessione si sono drammaticamente contratti, per tutte le fasce d’età, con ampie derive di maladattamento psicoemotivo.
Se i contesti possono essere tossici nella definizione del benessere psicofisico degli individui, è anche vero che nei contesti risiedono enormi risorse.
Durante il lockdown da Covid c’è stata una interessante riflessione sul potenziale dei micro-contesti, ovvero sul grande vantaggio di implementare reti prossimali efficaci e vitali. Soprattutto in città caotiche e logoranti (come Roma) avere accesso a luoghi dove sia facile reperire risorse che rispondano a bisogni (dal bisogno di comprare un farmaco a quello di percepire relazioni di vicinanza/supporto) può contribuire sensibilmente a creare la percezione del proprio benessere/malessere. In questo ambito, la psicologia ha moltissimo da offrire.
L’Ordine degli Psicologi del Lazio ha attivato presso molti municipi di Roma e altri comuni del Lazio, un sistema di rete, i Network Territoriali, che accolga proprio il bisogno di sviluppare benessere nei micro-contesti. Si tratta non soltanto di creare una comunità di professionisti di riferimento a disposizione dei cittadini che fanno esplicitamente richiesta di un percorso psicologico o psicoterapeutico, ma anche di interloquire con i presidi pubblici e privati del territorio e avviare percorsi che possano cogliere i bisogni di specifiche aree e accrescere risorse disponibili per la cittadinanza.
Tra gli esempi di quello che è stato fatto nell’ultima consiliatura, c’è la Campagna di prevenzione del suicidio e dell’autolesionismo in adolescenza #IoChiedoAiuto, coordinata dalla dottoressa Viviana De Rosa e portata avanti nel IX municipio, che - a partire dall’individuazione di alcuni segnali di allarmi del disagio giovanile grave - mira a creare uno spazio di confronto e presa in carico della sofferenza. Questo importante progetto è nato dalla collaborazione tra l’Ordine e la Croce Rossa, segno della necessaria sinergia con gli stakeholder di riferimento sul territorio. Sempre nel municipio IX è stato attivato un Hub per il benessere psicologico, spazio di informazione per il singolo e la collettività, che ha anche realizzato nel tempo eventi a titolo gratuito aperti alla cittadinanza per sviluppare conoscenza in ambito psicologico.
Nel municipio XI, il network coordinato da Francesca Romana Leonardi e Susanna Elena Violanti, nel 2022 ha risposto alla richiesta di supporto dell’assessora Giulia Fainella per un gruppo di rifugiati Ucraini ospitati in un hotel di Roma, con cui è stato fatto un percorso di EMDR esteso sul trauma.
Il municipio VIII, con i responsabili del Network Angela Caddeo e Roberto Ibba, ha invece collaborato alla stesura del Piano di Zona Sociale del Municipio, realizzato eventi finalizzati alla divulgazione degli elementi di base della Psicologia presso la popolazione residente e avviato ricerche finalizzate ad offrire una chiave di lettura psicologica delle dinamiche presenti nel territorio municipale.
Il lavoro sui territori è un nucleo fondamentale dello sviluppo di una comunità (mi si passi il termine molto abusato) resiliente. Un luogo che per chi fa psicologia è molto interessante abitare, per intervenire sui processi di crescita virtuosa della relazione individuo-ambiente.