Le Comunità Terapeutiche estensive sono strutture sanitarie per il trattamento volontario globale - psicoterapeutico, farmacologico, relazionale e sociale che - per richiesta del polo territoriale ambulatoriale delle ASL – accolgono pazienti preferibilmente giovani e agli esordi psicopatologici, con disturbi in fase di acuzie, post-acuzie o sub-acuzie, non trattabili a domicilio e che non necessitano di trattamenti in regime di ricovero ospedaliero. Il particolare quadro clinico dell’utenza richiede un intervento riabilitativo e terapeutico che consenta di riavviare processi evolutivi interrotti, per sperimentare nuove relazioni significative, per ricostruire, rinarrare e risignificare la storia personale con lo scopo di giungere a un reinserimento sociale nel contesto di appartenenza. Nella Regione Lazio si è assistito nel tempo a normative che hanno finito di fatto per assimilare le Comunità Terapeutiche sempre più, per caratteristiche e personale, a strutture simil/ospedaliere, con il risultato spesso di una certa disomogeneità e di una sperequazione di figure parainfermieristiche a discapito di figure più propriamente “psico”, certamente maggiormente idonee ad un intervento di tipo “trasformativo” . In questo intervento Claudio Bencivenga sottolinea la necessità di intervenire a tutela della specificità dell’intervento in tali strutture, pena la riproposizione di istituzioni inerti caratterizzate da routine ripetitive e prive di senso.
Comunità residenziali per la tutela della salute mentale
Il ruolo chiave della figura dello psicologo/psicoterapeuta