Durante il lockdown della primavera 2020, l’88,6% delle persone sopra i 16 anni ha sofferto di stress psicologico e quasi il 50% di sintomi di depressione. È quanto emerge da una survey condotta su oltre 5.000 persone attraverso il portale del progetto #PRESTOinsieme. Appare evidente che In Italia come, del resto, in molti paesi nei quali si è raggiunto l’apice del progresso tecnico e materiale dell’umanità, assistiamo ad una vera e propria “epidemia di malessere psicologico”, che la pandemia da Covid-19 ha evidentemente esasperato e che da una parte emerge attraverso comportamenti poco funzionali (ansia, insicurezza per le nostre amicizie, preoccupazione di essere riconosciuti, difficoltà ad intraprendere una adeguata vita di comunità, pseudo-ossessione per il cibo, il consumo etc.) ma non disturbanti o patologici, e dall’altra attraverso la sofferenza mentale e emotiva sempre più diffusa e ancora poco accolta e decodificata.
Le ragioni di questa parziale accoglienza e decodifica, che riguarda sia i servizi pubblici che privati, si potrebbe far risalire al fatto che da una parte i servizi preposti alla tutela della salute sono storicamente centrati soprattutto sulla malattia biologica, relegando in secondo ordine gli aspetti psico-sociali. La crisi economica, inoltre, induce a “tagliare” proprio questi ultimi aspetti, con il conseguente ridimensionamento e disinvestimento in servizi fondamentali e ritenuti essenziali come quelli di Psicologia e Psicoterapia. Le risorse a disposizione del Welfare State appaiono diminuire mentre le esigenze che il Welfare dovrebbe soddisfare continuano a crescere. Nel rapporto dell’Osservatorio GIMBE n. 7/2019 sul definanziamento del Servizio Sanitario Nazionale si sottolinea come nel decennio 2010-2019 per nessun governo la sanità abbia rappresentato una priorità politica e, conseguentemente, vi è stato un definanziamento di 37 miliardi di euro in dieci anni. E la tendenza si ripete anche nel triennio 2020/2022, in cui si riduce progressivamente il rapporto spesa sanitaria/PIL. Dall’altra parte poi il mercato dei servizi psicologici privati opera un filtro a maglie strette che solo gli utenti con capacità economica possono superare.
Col tempo, tutte queste realtà organizzative hanno adottato modalità diverse così come erano diverse le caratteristiche culturali, organizzative, amministrative, logistiche e cliniche di ciascuna. Alcune immaginano che si debba rinunciare ad un compenso adeguato, altre che sia necessario rendere gratuiti i servizi psicologici. Altre affermano che si tratta di una modalità di impresa nella quale si riducono tariffe e compensi. Ancora si immagina da parte di talune un modello di interazione tra pubblico e privato. Diverse immaginano una forma di responsabilizzazione degli utenti in modo da consentire un contributo commisurato con le opportunità economiche di questi ultimi. Qualcuna la intende in un'ottica principalmente preventiva. Queste diverse modalità favoriscono una frammentazione, che rende la proposta culturale, politica e professionale di queste organizzazioni difficile da codificare sia per l’utenza diretta sia per tutti gli attori, in primo luogo quelli istituzionali, che possono sostenere e promuovere gli stessi obiettivi.
Con questo progetto il gruppo intende favorire il passaggio da una serie di singole organizzazioni a un sistema di psicologia sostenibile, funzionale a:
1. costruire una proposta chiaramente non univoca, ma maggiormente armonica e codificabile all’esterno
2. innalzare la qualità delle prestazioni offerte
3. agevolare l’ingresso e la crescita di nuovi attori al suo interno.